Tra “l’Amleto Fassino”, la sinistra anti-Renzi e la giovane mamma grillina, le elezioni comunali a Torino del giugno 2016 rischiano di dimostrarsi più complicate del previsto per il premier. Proprio nella città che sembrava più blindata per il Pd. E invece, nelle ultime settimane, due fattori stanno creando nervosismo nel capoluogo piemontesi. In primo luogo, il sindaco uscente Piero Fassino, nonostante il pressing del Pd locale e nazionale, non ha ancora annunciato la ricandidatura. Alimentando così i sospetti di chi, anche a Roma, sussurra nei corridoi di Montecitorio che “a 67 anni Piero non ne ha più voglia di fare il sindaco, vorrebbe un incarico a Roma”.
Chi lo conosce bene però assicura che “mai e poi mai Fassino metterebbe a rischio la sua città e il suo partito per una esigenza personale”. E dunque, stando a queste ultime fonti, la ricandidatura dovrebbe essere solo questione di giorni. Il sindaco ha visto per alcuni minuti Renzi sabato scorso, a margine di un convegno alla Reggia di Venaria, guarda caso una delle cittadine della ex “cintura rossa” passata mesi fa in mano ai Cinque stelle. Nessuna dichiarazione ufficiale dei due, ma nel sorriso del premier c’è chi ha colto la certezza che “Piero non si chiamerà fuori”. E del resto, a pochi mesi dal voto, per il Nazareno –impegnato nelle difficili partite di Roma, Napoli e Milano- aprire la delicata partita della successione anche a Torino sarebbe un grosso problema. All’orizzonte non si vedono candidati forti, bisognerebbe aprire il file delle primarie, con tutti i rischi del caso.
E così tutti aspettano che l’Amleto Fassino passi il Rubicone. “Deve farlo entro due settimane al massimo”, spiega ad Huffpost il deputato Giacomo Portas, leader dei Moderati, una forza che a Torino città viaggia sul 10%. “Deve farlo in fretta e iniziare a raccontare ai torinesi il buon lavoro che ha fatto. Torino è diventata in questi anni la terza città italiana per numero di turisti, un risultato impensabile”. L’ipotesi è che Fassino sciolga il nodo nei prossimi giorni, in occasione della conferenza programmatica del Pd di Torino.
In questi giorni, in realtà, il sindaco è alle prese con le fibrillazioni della sua maggioranza, dopo che Sel si è sostanzialmente chiamata fuori e sta preparando una campagna elettorale anti-Pd, candidando il rosso ex Fiom Giorgio Airaudo. Il casus belli di queste ore è la riforma delle circoscrizioni: la soluzione trovata pare accontentare l’opposizione di centrodestra, ma Sel ha annunciato voto contrario, confermando il clima da separati in casa tra dem e vendoliani, e anche alcuni malumori tra i dem. Non solo, anche le anime di Sel più vicine al Pd, che vorrebbero presentare una lista di sinistra a sostegno di Fassino, sono molto critici verso questa riforma, che invece di ridurre i quartieri da 10 a 6 si ferma salomonicamente a 8.
Insomma, il clima dentro la maggioranza è molto lontano da quello del 2011. E in campo, forti come mai nel passato, ci sono i grillini. Che hanno già scelto la loro candidata, la trentenne Chiara Appendino, bocconiana, telegenica, figlia di un ingegnere e sposata con un giovane imprenditore, con una nota in più: a gennaio partorirà una bambina, e dunque farà la campagna elettorale tra una poppata e l’altra. Un rischio per i dem, visto che la neomamma plasticamente mostrerà la novità M5s contro il vecchio ex segretario di partito, che in città è molto rispettato ma non troppo amato. Una volta, durante una lunga seduta del consiglio comunale, Fassino l’ha definita una “Giovanna d’Arco moralista”. Lei insiste molto sul tema della povertà in città e annuncia, da copione, drastici tagli ai costi della politica. Una candidata insidiosa, soprattutto se Fassino non dovesse vincere al primo turno. Al ballottaggio, nella sfida uno contro uno, il Pd avrebbe da tremare. Soprattutto se la sinistra dovesse decidere di non fare alleanze con i dem al secondo turno. Per questo Portas invita tutti alla prudenza: “Non bisogna avvelenare i pozzi, al secondo turno dovremo allearci”. Per ora l’ipotesi appare improbabile. Airaudo ha già impostato una campagna molto anti-Pd, come chiede parte della dirigenza nazionale della neonata Sinistra italiana. “La sinistra in questa città si è persa lentamente”, ha detto Airaudo pochi giorni fa in un’intervista a Libero. “A livello nazionale se possibile va ancora peggio. Fassino se lo vedi pensi al grigio, si è logorato nell’apparato”. L’obiettivo di questo gruppo è arrivare almeno al 10%. In quel caso, il rischio per il Pd sarebbe un replay del caso Pastorino in Liguria. Solo che il centrodestra a Torino non ha chance, e il beneficiario sarebbe il M5s.
Anche i grillini hanno le loro spine. La Appendino, consigliera comunale uscente, è stata scelta dal un “gran consiglio” di 250 persone, senza web e senza partecipazione popolare. Il capogruppo in Comune Vittorio Bertola si è sentito spodestato, escluso anche dall’ipotesi di un ticket. E ha sbattuto la porta. "Mi sarei atteso più trasparenza e democrazia on-line. Temi che il Movimento sta abbandonando, anche per questo mi sento sempre più fuori posto", si è sfogato in un’intervista alla Stampa. Non mi è piaciuto che la scelta sia arrivata da una riunione di partito chiusa, invece che da un’assemblea aperta per lo meno agli iscritti al portale nazionale: forse il risultato sarebbe stato un po’ diverso. All’assemblea erano cento attivisti, l’apparato appiattito su Appendino”. Parole molto dure tra i due colleghi di partito sui banchi del Comune. L’altra volta furono eletti solo in due. Stavolta, dopo la conquista dei Comuni di Rivalta e Venaria, i grillini puntano al piatto grosso. Per farlo, puntano su una ragazza che ha buoni rapporti nella borghesia torinese, quella che magari votava a destra ma si è stancata. E che, a sua volta, cerca di interpretare il malessere dei ceti più popolari. Un profilo pericoloso per l’Amleto Fassino, candidato suo malgrado.
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